Atene, murale. Una bambina, in piedi su una montagna di teschi, regge un cartello che invoca la morte dei Signori della Guerra. Ogni anno, mille miliardi di dollari sono spesi in armi e militarizzazione (fonte: Our World in Data).

E mi devo chiedere: quale ruolo voglio aver giocato in tutto questo, una volta che sarà passato, scritto nel libro di Storia di un bambino non ancora nato.

Dicembre 2015. Il mio progetto era percorrere la rotta balcanica dalle isole greche del Dodecaneso, di fronte alla Turchia, fino alla Germania. Altri l’avevano fatto quando le frontiere erano aperte, camminando con il fiume di persone lungo binari e autostrade; condividendo taxi; attraversando linee di confine invisibili in un bosco o su un terreno incolto. Sentire la stanchezza, l’urgenza, la fatica. Dormire seduta; temere per i soldi e i documenti nascosti nei vestiti. Se fosse risultato difficile per me, che avevo un passaporto valido, un conto corrente e un biglietto di ritorno a una vita normale, allora forse avrei capito un po’ di più chi sia determinato a farlo pur non avendo niente di tutto questo.

Ma tutto cambiava velocemente.

In Grecia, il mercato si stava adeguando. Agenti di viaggio avevano creato biglietti speciali che comprendevano il trasporto nave dalle isole ad Atene, e il trasferimento autobus da Atene a Idomeni, al confine nord con FYROM, la Macedonia del Nord. I biglietti venivano offerti ai non europei in biglietteria; quindi non a me, che non ne conoscevo neppure l’esistenza. Del resto, avevo iniziato a pensare che la mia idea nascondesse una piega di miope egoismo: navi e autobus erano sovraffollati e comunque insufficienti; stavo forse considerando di occupare, per soddisfare il mio interesse morboso, il posto di qualcun altro?

Inoltre, la frontiera tra Grecia e FYROM continuava ad accumulare persone che non venivano lasciate passare. Alla fine del 2015, Siria, Iraq e Afganistan erano considerate nazioni in guerra e, in virtù di questo, i confini interni dell’Europa erano aperti ai loro cittadini; persone di altre nazionalità, con o senza valido passaporto, rimanevano bloccati in Grecia. Questo aveva creato in me una preoccupazione confusa: un richiedente asilo cerca protezione da una situazione di pericolo nella propria nazione di provenienza; come scartare qualcuno a priori in base alla sua nazionalità, quando non sai da cosa fugge? Conoscevo il caso di molti iraniani bloccati al confine; dopo settimane di protesta inascoltata, alcuni di loro si erano cuciti le labbra: se non volete ascoltarci, non parleremo. Le immagini di un filo bianco di cotone, usato doppio, annodato agli angoli di una bocca senza espressione, erano arrivate fino a me. Il giorno precedente il mio arrivo previsto ad Atene, la polizia greca aveva trasferito 3.000 persone dal confine nord a uno stadio olimpico di Tae Quon Do nella capitale. Decisi di andarci prima di proseguire il mio viaggio per le isole.