L’attesa. 27 dicembre 2015, campo di trafficanti, Çeşme, Turchia. (Fotografia di Simona Bonardi)

-3. Lei ha avuto il colloquio in Libano per il visto. Dovrebbe poterlo ritirare domani.
Nessuno ancora ci crede, e così Lui esita a confidarmelo, anche se ha già comprato il biglietto aereo per Lei, anche se da mesi cercava un appartamento in affitto adatto per due persone. Come se il rischio fosse quello di far esplodere una bolla di sapone, Lui sceglie le parole con cautela, i verbi tutti al condizionale, per non offendere Dio, il Destino o l’Universo.
Anche andare all’intervista era stato complicato. L’aveva accompagnata il padre di Lui; i test a pagamento per il coronavirus, il respingimento al confine tra Siria e Libano; la richiesta di un permesso speciale al datore di lavoro, il secondo tentativo andato a buon fine. Ho provato tante volte a immaginare il padre di Lui: nella mia mente, un uomo stanco, lacerato come la propria famiglia, che poco sembra avere in comune con quest’uomo che rifiuta di fermarsi, che sa di poter amare il figlio lontano solo attraverso la donna che vuole raggiungerlo. Tra i tanti crimini commessi dall’Europa, anche questo: la condanna di padri e di madri alla separazione perpetua dai propri figli.
I nostri amici non lo sanno ancora e così io sono ancora più emozionata: perché, nel lockdown, io e Lui ci eravamo parlati poco; perché a volte diventiamo zitti perché abbiamo bisogno di una stanza tutta nostra, ma poi qualcuno bussa alla finestra e ci si riconosce subito, e tutto torna a correre con la memoria storica di un’amicizia. Questa complicità ritrovata fa il girotondo intorno alla notizia, alle notizie.
Biglietto flessibile, 20 kg di bagaglio consentito, scalo a Istanbul. Se gli ostacoli sono terminati, la loro vita ricomincerà tra tre giorni. Dopo cinque anni di attesa.

-2. Sabato. Lei dovrebbe arrivare sabato poco dopo l’ora di pranzo. Lui ha lezione di tedesco e poi andrà in aeroporto. Sì, vuole andare da solo. L’ho chiesto per scrupolo; Lei arriva da un alfabeto diverso e dai rumori della guerra per atterrare in un matrimonio giovane, giovanissimo, che trattiene il respiro da cinque anni. Le famiglie, e forse anche loro stessi, avevano quasi perso la speranza. L’arrivo di Lui in Grecia nel 2016, la chiusura della rotta balcanica poco prima che Lui potesse raggiungere il confine, la vita in una tenda; l’assegnazione alla Svizzera nel 2017, il nuovo campo di accoglienza, l’esito negativo della domanda di asilo, l’appello, l’esito positivo, la domanda di riunificazione familiare; i tempi incerti in tutto, ogni caso un po’ diverso dagli altri, come se il sistema avesse pazientemente rimosso da ogni passo la possibilità di aggrapparsi a lucciole di certezze.

-1. In 20kg tutta la vita non ci sta. No, non può scartare niente di quello che ha scelto di portare con sé. Spiego a Lui che un eccesso del 25% sul peso massimo consentito può risultare in una sovrattassa, ma anche in problemi imprevisti, come l’obbligo di dividere il bagaglio in due valigie, per questioni di sicurezza e logistica. Lui non sembra allarmato: agli occhi della storia, della loro storia, chissà se questo può essere classificato come un problema; un graffietto, al massimo.
Spiego tutto: il percorso dall’arrivo al terminal fino al gate, attraverso la consegna del bagaglio e i controlli di sicurezza: niente liquidi oltre i 100ml. Lo scalo, attenzione a non seguire i cartelli “Uscita”, il bagaglio che viene trasferito in automatico. E infine lo sbarco a destinazione, il ritiro bagagli in un inglese timido e un alfabeto diverso. Gli chiedo di ripetere e rispondo alle sue domande, i dubbi di chi ha ascoltato attentamente. Ha solo un viaggio aereo internazionale nel proprio passato, da Atene a Zurigo, e la memoria di quel giorno non è nei dettagli.
«Non la spaventare, ma qualche volta perdono il bagaglio. È meglio essere preparati, perciò dalle il tuo indirizzo di casa e il mio numero di telefono, ché non si sa mai.»
Intorno a me, i passeggeri del tram riconoscono l’accento italiano nell’inglese a voce alta delle mie istruzioni; mi scuso e abbasso il volume, ma l’emozione incendia le mie raccomandazioni, organizzate in ordine cronologico e di priorità.
Internet dovrebbe essere disponibile, magari per un tempo limitato, in tutti e tre gli aeroporti del suo viaggio. Dovrà accettare le condizioni del servizio: «Dille di non preoccuparsi, è un testo standard.»

Dimentico che Lui è a lezione e gli scrivo per chiedere dello scalo a Istanbul. Non sto nella pelle; moltiplico per mille e ancora per mille, e so che ancora non sono vicina al cuore di Lui, o al cuore di suo padre. O di Lei, travolta dalle conseguenze di una scelta d’amore; Lei, che rimarrà a me sconosciuta ancora per qualche giorno, o settimana.
Tra tre ore, Lui accoglierà Lei al gate. Avranno cinque giorni insieme e poi Lei dovrà vivere in un centro di accoglienza per un mese, nella stessa città del marito, sotto un altro tetto, dopo cinque anni di separazione.
L’insegnante di tedesco di Lui ha offerto loro la propria casa per una minuscola luna di miele. Il mio regalo è la password di Netflix, anche se dovessero usarla solo per addormentarsi sul divano.